Il Soft Power è uno dei terreni di scontro decisivi del nostro tempo. Il peso di un paese sulla scena globale dipende sì dalla forza militare e da quella economica, ma in misura crescente dalla sua capacità di perseguire i propri obiettivi attraverso la comunicazione, l’immagine e la cultura. Su questo fronte nel corso degli ultimi anni le potenze emergenti, Russia e Cina in primis, hanno messo in campo massicci investimenti e nuove strategie, con effetti talvolta clamorosi.
Il 13 giugno 2019, si è svolto l’incontro “Il soft power delle nuove potenze”, organizzato da Volta in collaborazione con Associazione Civita.
I due ospiti di questo evento, introdotto da Giuliano da Empoli e moderato da Lucia Annunziata, erano due grandi esperti della politica europea ed internazionale, Peter Pomerantsev (LES) e Alessandro Aresu (Limes).
Introduzione
Carl Schmitt dice: “La maledizione del vincitore è che non prova curiosità nei confronti dei perdenti”.
È quello che è successo nel rapporto dell’Occidente con la Russia e con l’Europa orientale a partire dalla caduta del muro di Berlino. In quanto vincitore, l’Occidente ha assistito al collasso di un modello, e si è abituato a guardare con un sentimento di superiorità un mondo che considerava arretrato e che doveva adeguarsi ai suoi propri standard.
Con questo modo di pensare, i paesi occidentali non si sono resi conto di alcuni elementi:
– In Russia, e in generale in Europa orientale, è crollato un sistema di valori e una fiducia nell’establishment. Sono crollati i valori sui quali erano state educate le persone nel sistemo sovietico;
– Nel nuovo sistema, in Russia, si è inserita una modernizzazione velocissima dei mezzi di comunicazione con l’importazione di televisori occidentali, dei metodi occidentali di comunicazione e di una tecnologia di comunicazione politica sofisticatissima. Quando gli oligarchi hanno voluto far rieleggere Eltsin, hanno preso i migliori spin doctors americani, hanno comprato le migliori tecnologie di comunicazione sviluppate negli Stati-Uniti e hanno messo in atto un machina di propaganda che si appoggiava sulla tradizione sovietica della propaganda e che nel frattempo adottava le tecnologie più sofisticate con dei mezzi inimmaginabili in Europa occidentale. La Russia è diventata il mercato della comunicazione politica più sofisticato e ricco dopo gli Stati-Uniti;
– Quando Putin è stato eletto, la macchina di propaganda degli spin doctors che lo ha portato al potere era già sofisticatissima.
Nel suo libro “Niente è vero, tutto è possibile”, Peter Pomerantsev spiega che, in questo sistema, la popolazione non crede più a nulla. Una sofisticatissima commedia dei ruoli si è messa in piedi e lo scopo della propaganda non è quello di convincere il cittadino di una cosa falsa: è quello di rendere indifferente il vero e il falso. Perché la figura più manipolabile è quella per il quale il vero e il falso sono indistinti.
In termini di soft power, questo modello ha iniziato a girare verso l’esterno dal 2004, con la rete Sputnik, i troll… tutti gli elementi che hanno avuto un influsso su quello che è successo in Occidente (Brexit, elezione di Trump, etc.).
Secondo Peter Pomerantsev, i Russi non hanno creato un nuovo mondo perché hanno fatto delle operazioni di disinformazione. Invece, il nuovo mondo è arrivato prima in Russia: la Russia è un laboratorio, dove si sono sviluppate delle tendenze che poi si sono riprodotte in Occidente.
La Russia
Putin è capace di vendersi in modi diversi in base al tipo di pubblico col quale si approccia in quel modo: liberale con alcuni, nazionalista con i nazionalisti, internazionalista con gli ex paesi sovietici dell’Asia centrale.
È stato anche capace di esportare questa nuova immagine al mondo esterno: si è venduto al pubblico dei nazionalisti globali come se fosse un nazionalista, si è venduto alla cena internazionalista come se fosse l’ultimo difensore dei paesi contro il grande capitale.
Questo è anche legato alla psicologia dell’élite russa. Quando c’è stato il collasso del sistema sovietico, abbiamo visto che le stesse persone sono state capace di trasformarsi per sopravvivere e di usare nuovi slogan per ogni nuova epoca. Sono passati da essere ultracomunista ad essere liberali. E lo stesso Putin lo ha fatto.
La capacità di trasformarsi è diventata un nuovo valore, e quelli che non sono stati capaci di cambiare sono stati i perdenti.
Questo è utile per la comunicazione internazionale della Russia: qualunque cosa può essere trasformata di volta in volta in quello che serve.
La prima nazione capace di sviluppare i media e la comunicazione:
La Russia è sempre stata all’avanguardia nell’ambito della propaganda. E a questo si aggiunge una forte centralizzazione. Poi si sono aggiunte le nuove tecnologie. Quindi la Russia è sempre stata una super potenza per quanto riguarda la propaganda. Anche per compensare le sue proprie debolezze e mancanze politiche.
All’inizio anni 1990, una serie di spin doctors è stata attiva in un’epoca dove si percepiva una vera debolezza del potere centralizzato. Quindi, questi spin doctors si sono impossessati di media per promuovere l’immagine di un Cremlino forte nonostante non lo fosse. L’informazione ha sostituto il potere reale.
La Russia non è più una potenza vera e propria ma il metodo che sta usando Putin è stato quello di lasciare qualche tracia, come delle impronte digitali ovunque, al livello di informazione, per creare una sorta di simulato di potere, per far percepire la Russia come una potenza. L’obiettivo è quello di promuovere la sensazione che si sia forti.
Il ruolo dei figli della nomenclatura comunista:
Quando si parla della situazione in Russia bisogna fare riferimento a più clan e élite. C’è una certa connettività con le generazioni precedenti, soprattutto nell’ambito delle relazioni internazionali. Il portavoce del ministro degli esteri è figlia di diplomatici. Le stesse persone di prima sono quindi state capace di adattarsi.
Ma quello che sorprende sono le capacità dei nuovi protagonisti: oggi, nel gruppo deli oligarchi molti sono ebrei. In passato, nell’Unione sovietica c’era un antisemitismo di sistema, quindi loro erano esclusi dall’attività pubblica. Sono riusciti ad entrarci col collasso del sistema sovietica. Aggiungiamo che il settore televisivo è anche un grande ascensore sociale. Quindi le persone di talento che possono emergere sono del mondo delle aziende e dei media.
Negli anni 1990 c’è stato un collasso del sistema delle istituzioni che sono diventate debole. Quini l’unico modo per trasmettere la conoscenza e le capacità è stato attraverso la famiglia: tutti i nuovi registi erano figli di grandi registi del passato, tutti i dissidenti erano figli di dissidenti, etc. La famiglia è diventato l’unico canale attraverso il quale si potesse trasmettere qualcosa.
La Cina
Nel soft power cinese non c’è nulla di più lontano da essere nuovo: la Cina rivendica la sua storicità, la sua storia millenaria e continua con dei piccoli sbalzi – in particolare il secolo dell’umiliazione. Questo senso di potenza millenaria è essenziale.
Tra tutti i rapporti intrapresi dalla Cina, una cosa interessante è il suo rapporto col Vaticano e il lavoro portato avanti dagli eredi dal gesuita Matteo Ricci. C’è un grande rapporto tra la leadership vaticana e quella cinese.
Aggiungiamo che il sistema cinese funziona se assimila tutto a sé.
Soft power e realizzazione di infrastrutture:
– Il soft power cinese è anche la capacità di realizzare delle infrastrutture in Cina e in una proiezione internazionale. E il soggetto di questa proiezione internazionale è la Banca di sviluppo cinese. Nel 2015, questa banca ha raggiunto con un’altra banca cinese un totale di 700 miliardi di dollari di finanziamenti esteri, per delle imprese cinese all’estero e anche per governi esteri nella costruzione di infrastrutture. La Cina, negli anni 2000, si afferma quindi come una potenza globale nella costruzione di infrastrutture. La nuova leadership del presidente cinese tra il 2013 e il 2015 pone il cappello su questo fatto con la creazione di un’istituzione sulle infrastrutture – la banca di investimenti sulle infrastrutture asiatiche – e poi con la presentazione del piano della Via della Seta. Con la banca sulle infrastrutture asiatiche, per la prima volta il Regno Unito si distacca dalla posizione deli Stati-Uniti, portando poi con sé la Francia, la Germania, l’Italia (nel 2015);
– L’iniziativa sulla via della seta nasce quindi su un’infrastruttura importante e già esistente e su una seria di rapporti commerciali, nell’esportazione e nella tecnologia, su cui la Cina ha sempre ragionato in un’ottica bilaterale con i paesi, facendo sfruttare la sua taglia e la capacità di risposta del suo sistema;
– La via della seta pone il rapporto tra soft power e hard power. Non esiste il programma senza la componistica e viceversa. Se consideriamo la parte “hard” (le infrastrutture) è quello che interessa ai Cinesi. I cinesi rimangono maggiormente sulla dimensione delle infrastrutture;
– Ma le infrastrutture esistono anche nel contesto culturale. C’è, per esempio, una presenza della Cina nell’industria cinematografica in Europa e negli Stati-Uniti. Poi per quanto riguarda i contenuti, non sono ancora arrivati a questo punto (non c’è, per esempio, un “Game of thrones” cinese).
La società burocratica:
L’aspetto egualitario non è la continuità della storia cinese, né un aspetto essenziale per il Partito Comunista. La cosa importante è essere una società burocratica, ci deve essere una continuità di società burocratica, che ha numeri estesi.
Un altro elemento importante di questa società è la forte importanza dell’istruzione.