Leo Longanesi diceva che l’Italia è un paese di inaugurazioni, non di manutenzioni. È forse anche per provare a smentirlo che, esattamente un anno fa, abbiamo avviato le attività di Volta senza particolari squilli di tromba, iniziando semplicemente a lanciare le prime proposte, consapevoli del fatto che l’impatto di un think tank si misura nel lungo periodo, non sui quotidiani del giorno dopo.
Siamo partiti da Bruxelles, il 17 marzo 2016, con la presentazione del nostro progetto Odysseus (qui in italiano e qui in inglese) per un servizio civile aperto a tutti i giovani europei tra i 18 e i 25 anni.
A un anno di distanza, la nostra soddisfazione più grande è che quel progetto, grazie all’appoggio determinante del governo italiano, è diventato una realtà. Gli European Solidarity Corps, annunciati dal presidente della Commissione Juncker nel suo discorso sullo Stato dell’Unione sono ormai una policy ufficiale della UE.
Non è un merito solo nostro, ma un contributo l’abbiamo dato affinché l’Europa torni a parlare il linguaggio dei valori, rivolgendo ai diciottenni una vera proposta di impegno civile, anziché solo quello dei vincoli e dei numeri.
Nel corso di quest’anno abbiamo aperto molti altri fronti.
Qualche giorno dopo il lancio di Bruxelles, ci siamo spostati a Roma, all’auditorio dell’Ara Pacis, per accogliere Jason Furman, capo dei consiglieri economici della Casa Bianca. Interrogato da Ferdinando Giugliano (qui il testo dell’intervista, pubblicato su La Repubblica il giorno dopo), Furman ha tracciato un quadro dei paralleli e, soprattutto, delle differenze nelle risposte che Stati Uniti e Unione Europea hanno dato alla crisi, soffermandosi poi sull’Italia e indicando anche a noi un percorso possibile per uscire dall’austerità e tornare a crescere.
A metà aprile abbiamo pubblicato il nostro primo paper, dedicato all’Innovazione nel settore pubblico. È stata l’occasione per mettere intorno a un tavolo l’autore, Geoff Mulgan, CEO di Nesta, l’agenzia britannica che si occupa di innovazione a 360 gradi, la Ministra per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione Marianna Madia e alcuni tra i principali attori e esperti della materia. Nell’intervista rilasciata al Corriere della Serain quell’occasione, Mulgan ha toccato alcuni dei temi che sono stati affrontati nel corso della discussione a porte chiuse.
Ai primi di maggio è uscito il nostro secondo paper, consacrato al modello di immigrazione diffusa italiano. In pratica, Roberto Volpi ci ha dimostrato, numeri alla mano, come e perché il nostro Paese non produce ghetti urbani alla Molenbeek, ma, in virtù della struttura del suo sistema produttivo, distribuisce gli immigrati sul territorio, anziché concentrarli nelle grandi città. Un sistema che, se accompagnato da politiche adeguate, potrebbe garantire una capacità di integrazione molto maggiore di quella di altri paesi europei. L’argomento, del tutto originale, ha suscitato un notevole interesse (trovate qui l’anticipazione de La Stampa).
Nei mesi successivi, abbiamo esplorato altri temi a nostro avviso cruciali per il futuro dell’Italia.
Quello della natalità, che abbiamo affrontato con un paper firmato da Alessandro Rosina e Riccarda Zezza, Generare Futuro – Cultura e politiche per tornare ad essere un paese vitale: il primo tentativo sistematico di tracciare i confini della rivoluzione culturale – e delle policies – delle quali abbiamo bisogno per affrontare il problema forse più grave, e più sottovalutato, che pesa sul futuro del nostro Paese ( l’anticipazione del paper su La Repubblica).
E quello della Sharing Economy, che da noi si riduce troppo spesso ad uno scontro tra Uber e i tassisti, mentre si tratta di un tema dalle implicazioni assai più vaste, che Paolo Barberis e Lorenzo Chiriatti hanno iniziato a ricostruire nel paper che Volta ha dedicato al tema (qui l’anticipazione del Foglio).
Accanto ai temi di policy, abbiamo poi continuato a promuovere conversazioni più ampie, coinvolgendo numerosi interlocutori di livello internazionale.
Tra le più significative, quella sull’identità dell’Europa ai tempi della Brexit, nata da untesto inedito, scritto appositamente per noi da Simon Kuper del Financial Times pochi giorni prima del referendum britannico. E quella sulla geopolitica dell’entertainment, e il ruolo che può avere l’Europa tra Hollywood e Silicon Valley, che ha dato vita a Roma ad uno stimolante confronto tra autori, produttori e policy makers attorno al paper che il nostro Paul Vacca ha dedicato al tema.
Nel corso di questo primo anno di attività, abbiamo anche attivato una fitta rete di collaborazioni con altri poli di riflessione. A Roma abbiamo ricevuto gli amici del Progressive Policy Institute (il think tank che è stato all’origine della rivoluzione clintoniana), per discutere di creazione di nuovi posti di lavoro nell’economia digitale, mentre a Washington siamo stati ospiti del Center for American Progress per una discussione in occasione della visita di Stato del Presidente del Consiglio italiano. A Londra, abbiamo presentato Volta nel corso di un incontro al quale hanno partecipato i responsabili di alcuni tra i principali think tank britannici. A Berlino, abbiamo avviato una partnership con Das Progressive Zentrum, mentre a Parigi ci siamo confrontati con Terra Nova, il think tank socialista più vicino a Emmanuel Macron.
Su questo lavoro comune contiamo di appoggiarci, nel corso dei prossimi mesi, per proseguire le nostre attività. Oggi la priorità è diventata quella di mappare la terra incognita nella quale l’Europa e gli Stati Uniti hanno iniziato ad addentrarsi con Brexit, la vittoria di Trump e, in forme diverse, anche l’esito del nostro referendum. Vogliamo farlo senza pregiudizi, né paraocchi ideologici: altrimenti l’utilità dell’esercizio sarebbe pari a zero.
Abbiamo avviato la discussione con alcuni contributi di analisi di scenario pubblicati sul nostro sito, ai quali se ne aggiungeranno molti altri. Abbiamo proseguito con due appuntamenti, uno a Roma (Welcome to the Jungle, in occasione dell’inaugurazione del 45esimo Presidente degli Stati Uniti) e uno, recentissimo, a Milano, Coordinate x il mondo nuovo, organizzato in collaborazione con la Fondazione Feltrinelli.
In quella occasione, grazie al lavoro di quattro tavoli di lavoro molto qualificati, abbiamo iniziato a mettere a fuoco i filoni di riflessione che ci accompagneranno nel corso dei prossimi mesi. In particolare, vogliamo concentrarci su quattro macro-aree che ci sembrano cruciali nella fase attuale:
- l’era degli outsider (a proposito di sistema vs antisistema, forme di partecipazione fisiche e digitali, nuove generazioni e loro ruolo nella vita pubblica);
- dove atterra l’innovazione (la rivoluzione digitale e l’economia tradizionale, le conseguenze economiche, sociali e politiche dell’innovazione, il lavoro del futuro e le nuove forme di tutela);
- uscire dalla bolla (fake news, post-verità, alternative facts: il pericolo di stare nella cornice mediatica imposta da Trump, Grillo e compagnia, possibili rimedi e contromosse);
- l’Europa al contrario (come si rimette in moto una dinamica che produca consenso intorno all’integrazione europea, per uscire dalla spirale tecnocrazia/populismo).
Per ciascuno di questi filoni stiamo definendo un percorso di iniziative e di incontri che ci auguriamo possa consentirci di dare vita ad un secondo anno di attività ancor più dinamico e stimolante di quello appena trascorso.
Nel frattempo, questa è l’occasione per ringraziare tutti quelli che ci hanno accompagnato fin qui e che hanno reso possibile la nascita e lo sviluppo di Volta.
Grazie davvero e a prestissimo!