Roma. Il disegno di legge sulla Concorrenza è stato presentato dal governo al Parlamento il 3 aprile del 2015. Nel frattempo si è mosso passando dalla Camera dei deputati al Senato, ma nonostante le rassicurazioni di vari esponenti del governo – ministro per lo Sviluppo, Carlo Calenda, incluso – non è stato ancora approvato. Quel che è certo è che è stato emendato di ogni velleità troppo liberalizzatrice rispetto alla sharing economy, o economia collaborativa. Cosa ne pensano a Palazzo Chigi? Difficile dirlo, specie in tempi di preparazione della più corposa e spinosa legge di Stabilità. Tuttavia alcuni indizi possono far sperare che Matteo Renzi non abbia rinnegato totalmente i tempi in cui, per esempio, difendeva Uber dai blocchi dei tassisti (“E’ un servizio straordinario”, disse il presidente del Consiglio nella primavera 2014).

Domani il think tank renziano Volta, presieduto dallo scrittore e giornalista Giuliano da Empoli, presenterà uno studio in materia, intitolato “Sharing economy, un’occasione da condividere”. Gli autori sono Paolo Barberis, fondatore di Nana Bianca (incubatore di startup che operano in ambito digitale) e consigliere di Palazzo Chigi per l’innovazione, e Lorenzo Chiriatti, giurista esperto di telecomunicazioni e web. Il documento è tutt’altro che ostile alla sharing economy: ipotizza forme di regolamentazione leggera per il settore e soprattutto teorizza la possibilità di un contagio positivo dei nuovi operatori verso l’economia classica e la Pubblica amministrazione, attraverso un futuribile processo d’imitazione.

Per spiegare come potrebbe funzionare questa sorta di “laboratorio” per la uberizzazione della nostra economia, Barberis e Chiriatti iniziano individuando il “profondo cambio di paradigma nelle modalità di godimento di beni e servizi” che sottintende la sharing economy: “Si passa dall’idea di avere la proprietà di un bene a quella di poter usare quel bene. Un uso regolato secondo alcuni princìpi che sono i primi tre mattoncini caratterizzanti il Dna dell’economia condivisa: condivisione, relazione e fiducia”. Ricettività, trasporto e lavoro scambiati su piattaforme digitali: in Italia “il giro d’affari per il 2015 dell’economia collaborativa viene individuato in 3,5 miliardi di euro, già oggi pari a circa il 10 per cento delle risorse stanziate dal governo Renzi con la legge di Stabilità 2016 per il rilancio dell’economia”. Le previsioni, poi, stimano il suo contributo in una forbice che va da 8,8 a 10,5 miliardi tra soli cinque anni, cioè entro il 2020.

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